Oggi, 2 luglio, ennesimo editoriale del Grande Vecchio su Repubblica, che cita Dante del Guido, io vorrei che tu e Lapo e io fossimo presi per incantamento.
Ieri Vasco riunisce centomila persone in un concerto, altro grande, non così vecchio, ma certamnte invecchiato in questi vent'anni, o trenta di vita spericolata.
Santoro, appena due giorni prima si era ripresentato sui teleschermi parlando di Hitler, facendo scorrere nell'immaginario nuove e antiche diapositive di una storia che si pensava definitivamente consegnata agli archivi: ecco, abbiamo usato senza pensarci questa parola vintage, le diapositive, che suona strana nell'epoca dello streaming, e ci riporta a un tipo di racconto nel quale ci si soffermava sulle immagini, l'attenzione si bloccava sui dettagli, si cercava o s'imponeva il senso di quelle immagini al di là del loro effetto immediato.
Nell'editoriale di Scalfari si riesuma perfino la figura di Togliatti, o meglio, del Partito di allora e della sua classe dirigente: per un ultra novantenne come lui il tempo che ci separa dal partito di Togliatti è simile a quello che, per noi, separa il Vasco di oggi a quello dell'esordio sul palco di Sanremo.
L'Hitler rievocato da Santoro non è nuovo, né sconosciuto, a chi ha studiato la storia del Reich, ma è certamnte diverso dal personaggio pazzoide, caricaturale, che è stato dato in pasto all'opinione pubblica del dopoguerra, sulla scia di quel grottesco film di Chaplin.
La storia, tragica, si ripete come farsa - è stato detto. Ma è vero solo in apparenza.
Il presente, l'attualità, ha solo l'apparenza della farsa, solo perché la viviamo nel suoi dettagli, e insomma facciamo noi stessi parte di quello streaming che la rappresenta.
La storia, le sue diapositive, ci danno il coraggio di avere un cuore.